La XVII edizione del Filmfestival del Garda sancisce la solidità di una proposta culturale che ha saputo radicarsi nel territorio valicando i confini della Valtenesi, fino all’Alto Garda e al capoluogo, instaurando un dialogo ininterrotto, uno scambio continuo che permette di crescere con e per il pubblico, ritrovando e ripensando la sua storia, le sue radici. Il ritorno della manifestazione alla Fondazione del Vittoriale degli Italiani, a Gardone Riviera, dal 30 ottobre al 2 novembre, significa rendere omaggio ai luoghi e alle persone, e a Gabriele D’Annunzio in particolare la cui indomita ricerca espressiva aveva esperito perfino il linguaggio cinematografico ai suoi primi vagiti.
Le quattro Giornate estive, tra agosto e settembre, hanno fatto da volano introducendo innanzitutto l’omaggio che in questa edizione verrà tributato alla straordinaria figura di Marlon Brando nel centenario della sua nascita.
L’attenzione del Filmfestival del Garda al valore sociale, civico del linguaggio cinematografico e al suo potenziale inclusivo si manifesta nella fondamentale sezione riservata ai film in concorso intitolata “No Borders / Senza Confini”.
Il tema della salute mentale, già affrontato dal Filmfestival del Garda in passato, ritorna quest’anno per ricordare Franco Basaglia nato anch’egli cento anni fa e la cui opera scientifica e sociale verrà narrata dai lavori di Erika Rossi, che sarà presente con Trieste racconta Basaglia, Il viaggio di Marco Cavallo e 50 anni di CLU.
Il Filmfestival del Garda offre così l’opportunità di stimolare curiosità e dialogo tra cittadini, territori ed enti sociali desiderosi di approfondire un confronto trasversale tra le diverse fasce sociali e generazionali che, nei contesti impareggiabili offerti dal patrimonio culturale e paesaggistico del territorio gardesano, accolgono e rendono possibili momenti di crescita collettiva.
Il tema del concorso di questa XVII edizione “No Borders / Senza Confini” caratterizza di fatto il linguaggio cinematografico che dipana il suo racconto da un fascio di luce che illumina uno schermo, così effimero ma potente da riuscire ad abbattere i confini, quelli che separano popoli e stati, isolano, dividono, frammentano: sono le storie di Lala, una ragazza Rom in cerca di un’identità amministrativa per riacquistare il diritto di essere madre, o di Mahir rifugiato bosniaco in un centro di accoglienza a Pola in Croazia. Ma esistono anche i confini che si erigono all’interno delle comunità per escludere il diverso e la malattia mentale in particolare cui si riallaccia anche la sezione dedicata a Franco Basaglia, nato cento anni fa, e il cui messaggio umanamente rivoluzionario necessita di essere ancora ricordato e attuato.
Il Filmfestival del Garda dedica a Marlon Brando, nato a Omaha cento anni fa, la retrospettiva che si apre chiamandolo per nome, rivolgendosi direttamente a lui: Listen to me Marlon (Stevan Riley, 2015) è un documentario costruito attingendo materiale dallo sterminato archivio personale al fine di restituire uno sguardo a tutto tondo, che abbraccia il tormento umano e quella bravura istintiva, l’ergersi statuario di un gigante e la fragilità dietro quelle maschere. Anche la scelta delle pellicole proiettate restituisce luci e ombre, trionfi e baratri di una carriera/vita fuori dal comune. Innanzitutto presentiamo Un tram che si chiama desiderio (1951) che lo consacrò al pubblico grazie all’intuizione di Elia Kazan che vide in lui l’interprete ideale della pièce di Tennessee Williams, prima in teatro poi davanti alla macchina da presa: era l’esplosione di una supernova in quel cielo di celluloide. Frequenta l’Actors studio dove entra in contatto con il celebre “metodo Stanislavskij” che ne caratterizzerà da quel momento la cifra attoriale e i film che seguono, di cui vedremo Bulli e pupe (1955) e, proiettato quest’estate nelle Giornate del Festival, Fronte del porto (1954) sanciscono l’affermazione di un interprete divenuto presto il punto di riferimento di un nuovo classicismo attoriale. Il suo astro sembra poi coperto di nubi finché torna a brillare con i tre capolavori, in programma, ovvero: Ultimo tango a Parigi, Il padrino (1972) e quindi Apocalypse now (1979) cui verrà riservato un evento speciale.
Il tema del Concorso di questa edizione verrà ulteriormente approfondito e investigato attraverso il lavoro che da alcuni decenni Erika Rossi dedica alla figura di Franco Basaglia. Il suo fu un approccio che possiamo definire fondativo per quanto ha costretto la società a riconsiderare e rivedere le proprie convinzioni, e paure, nei confronti della malattia mentale portando alla nascita di una nuova sensibilità inclusiva nei confronti di chi ne soffre. Saranno presentati 5 film e documentari dell’autrice la quale sarà anche presente in un incontro mattutino con il pubblico presente all’auditorium del Vittoriale.
La Sezione Garda Ciak è nata per incoronare i cineasti di origini gardesana e bresciana per questo volge il suo sguardo quest’anno all’attore Stefano Cassetti, nato a Brescia nel 1974 e formatosi inizialmente come designer attivo soprattutto in Germania a Berlino. Le sue qualità attoriali emergono chiaramente grazie al successo ottenuto con Roberto Succo (2000, Robert Kahn) selezionato a Cannes e che gli vale la candidatura ai César come miglior attore emergente. Da quel momento lavora, tra gli altri, con Gaglianone, Audiard, Ozon, Bruni Tedeschi e interpreta serie di successo per NBC e Netflix oltre a calcare le scene dei teatri berlinesi confrontandosi con successo anche con la prosa.